RAIDOU Remastered: The Mystery of the Soulless Army – Recensione

PC PS4 PS5 Switch Xbox Series X

Il ritorno di Raidou Kuzunoha è più di una semplice operazione nostalgia: è un esempio riuscitissimo di come si restaura un classico minore del catalogo Atlus, con coraggio e rispetto.

Sviluppatore / Publisher: Atlus / SEGA Prezzo: € 64,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 12+ Disponibile su: Steam. PlayStation 4/5, Xbox Series X/S, Nintendo Switch 1/2 Data di lancio: 19 giugno 2025  

C’è stato un periodo in cui Atlus rischiava di chiudere i battenti, ma fu salvata dall’inaspettato successo di Shin Megami Tensei III: Nocturne e, successivamente, di Persona 3. Stiloso, accessibile nelle meccaniche e nelle interfacce, arricchito da un’estetica anime accattivante: c’era tutto il necessario per risvegliare il sopito marchio Megaten, specialmente in Occidente, dove i precedenti, farraginosi capitoli di Persona erano stati sepolti sotto l’irresistibile successo dei blockbuster targati Square Enix. Raidou (in originale Shin Megami Tensei – Devil Summoner: Raidou Kuzunoha vs. The Soulless Army) rappresenta un ulteriore passo avanti nella sperimentazione di nuove formule per conquistare un pubblico sempre più ampio, introducendo combattimenti in tempo reale per imitare i Tales of di Namco e puntando tutto sul carisma del protagonista.

Raidou Kuzunoha non è un nome proprio, ma un titolo: il giocatore veste i panni del quattordicesimo evocatore di demoni del villaggio di Kuzunoha, un prodigioso studente del liceo Yumizuki inviato nella capitale con il compito di affrontare minacce sovrannaturali. Per mantenere una copertura, lavora part-time come assistente presso l’agenzia investigativa Narumi, ma si ritrova presto coinvolto nel rapimento di una giovane ragazza, dietro cui si cela un mistero ben più oscuro e pericoloso, sullo sfondo della turbolenta era Taisho. Sono gli anni Venti, e il Giappone, ormai avviato lungo il sentiero dell’occidentalizzazione, non sarebbe mai più stato lo stesso.

LA MISTICA RESURREZIONE DI RAIDOU REMASTERED: THE MYSTERY OF THE SOULLESS ARMY

Se non avete mai provato la versione per PS2, niente paura: come spesso accade, l’ho fatto io per voi, inserendo il disco originale nell’intramontabile console prima di cominciare questa remastered. È doveroso sottolineare quanto Atlus abbia compiuto un lavoro straordinario con il restauro, al punto da far sembrare il titolo del 2006 quasi preistorico nella sua obsolescenza.

Le numerose migliorie alla qualità della vita rendono l’avventura molto meno stressante

Dai fondali poligonali, finalmente liberi da quel datato look prerenderizzato, all’introduzione di un doppiaggio giapponese di ottima qualità, l’estetica si presenta svecchiata e piacevole, migliorando nettamente l’immedesimazione e valorizzando come mai prima il character design del veterano Kazuma Kaneko. Raidou, con i suoi appuntiti occhi da falco e la classica uniforme scolastica nera, sfreccia tra i quartieri cittadini, il mantello dalle rifiniture viola svolazzante, mentre sfodera katana e rivoltella – entrambe bianche – in netto contrasto cromatico e stilistico con i normali cittadini, ignari della minaccia sovrannaturale che incombe.

L’ambientazione è ispiratissima, specie senza quei brutti fondali prerenderizzati.

Nel gioco originale, questa minaccia era fin troppo onnipresente: i maledetti combattimenti casuali interrompevano continuamente l’esplorazione, persino nei tranquilli centri abitati, senza risparmiare nemmeno la world map, con una frequenza a dir poco asfissiante. Oggi, invece, tutto è cambiato: il tenebroso protagonista può esplorare liberamente, mentre gli scontri si attivano a piacimento entrando in speciali varchi che fungono da arene. Quando la trama lo richiede, Raidou può “sporcarsi le mani” nelle versioni oscure dei vari quartieri, ma anche lì i nemici sono ben visibili e si possono attaccare alle spalle per iniziare il combattimento in posizione di vantaggio. Tutta un’altra storia vi dico, e siamo solo all’inizio.

UNA STORIA DI SPADE E ANIME, NARRATA IN ETERNO

Adottare un sistema di combattimento in tempo reale, per la prima volta nel 2006, fu un atto di coraggio per la conservativa Atlus; un esperimento solo parzialmente riuscito, già allora piuttosto semplicistico e limitato, tanto che fu uno degli aspetti principali su cui intervenire nel seguito, Raidou Kuzunoha vs. King Abaddon. Ora si fa sul serio: abbandonata la banale combo da tre colpi da ripetere all’infinito su PS2, il nuovo Raidou sfoggia coreografiche sequenze di attacchi leggeri e pesanti, che possono essere interrotte in qualsiasi momento per schivare o, addirittura, balzare alle spalle del nemico, evitando i colpi e mantenendo la pressione offensiva.

Raidou non è certo il Devil May Cry della serie Megaten ma, in fondo, non ha bisogno di esserlo

Gli attacchi forti infliggono la maggior parte del danno, mentre quelli leggeri ricaricano gradualmente la riserva di magia, indispensabile per far agire i demoni evocati. Come da tradizione, i demoni possono essere catturati durante i combattimenti e imprigionati nei cilindri d’argento che Raidou porta fieramente sul petto. Una volta arruolati, entrano in battaglia per aiutare il loro nuovo padrone sfruttando le classiche debolezze elementali che ormai dovreste conoscere a memoria, utilissime per rompere la difesa dei nemici più forti, stordirli e aprire la strada a un assalto violento.

Le arene brulicano di informazioni, ma il gioco riesce brillantemente a mantenere tutto leggibile.

I boss, spesso, hanno qualche asso nella manica, segnalato da un apposito indicatore; in questi casi l’arena si trasforma quasi in un danmaku con onde d’urto da evitare, proiettili da schivare e traiettorie letali da tenere d’occhio. In questi frangenti, la gestione diretta dei demoni diventa cruciale: è possibile richiamarli per renderli temporaneamente invulnerabili, oppure limitarne l’uso di magie per risparmiare risorse, magari privilegiando la cura in un approccio più cauto. I compagni possono essere sostituiti in qualsiasi momento, adattando il ritmo della battaglia al proprio stile. Raidou, da solo, non è certo indifeso: anche senza i suoi alleati mefistofelici dispone di abilità personali – stavolta soggette a cooldown, non al consumo di magia – con cui lanciare proiettili elementali o eseguire tecniche speciali.

Con le dovute proporzioni, l’atmosfera mi ha ricordato moltissimo Shadow Hearts: Covenant, uno dei miei JRPG preferiti di sempre

Queste sono legate alla katana, che può essere sviluppata per assumere, durante gli attacchi pesanti, una forma eterea: spada, lancia o ascia, ciascuna con il proprio moveset e bonus specifici. Nel corso dell’avventura si possono forgiare nuove armi da zero, ognuna con tecniche e bonus passivi diversi da equipaggiare a piacimento, permettendo la creazione di build personalizzate. Giocare con abilità ed effettuare schivate all’ultimo secondo attiva brevi QTE da eseguire per scatenare tecniche speciali devastanti; la più potente, in grado di colpire automaticamente tutti i nemici sfruttandone la debolezza elementale, può persino essere conservata da uno scontro all’altro, pronta a esplodere nel momento più opportuno. Una rivoluzione totale e assolutamente brillante della formula originale, tanto da giustificare da sola l’acquisto del gioco, anche per chi lo conosce a menadito.

Se siete reduci da DanDaDan, sicuramente farete di tutto per annetterla alla squadra!

L’unica vera pecca resta l’assenza di combo “canoniche”: non ci sono sequenze articolate di colpi leggeri e pesanti con finisher dedicate, e si finisce per martellare i singoli tasti, senza la possibilità di costruire qualcosa di più vario. Insomma, anche così, Raidou non è certo il Devil May Cry della serie Megaten ma, in fondo, non ha bisogno di esserlo. Con quattro livelli di difficoltà selezionabili, posso dire di essere passato al più arduo dopo una dozzina di ore: avevo già padroneggiato tutte le meccaniche offerte e cercavo una sfida più impegnativa.

I MISTERI DELL’ERA TAISHO

Come da copione, i demoni possono essere fusi per generare una progenie infernale sempre più potente, grazie al laboratorio del Victor di turno, questa volta ispirato al celebre scienziato del romanzo di Mary Shelley. Non è più necessario che la loro devozione verso Raidou sia al massimo per avviare il rito, ma stringere un forte legame rimane utile per massimizzare le abilità ereditabili e ricevere lettere d’addio, spesso contenenti rari materiali per lo sviluppo delle armi.

i demoni possono essere fusi per generare una progenie infernale sempre più potente

Il loro impiego, però, non si limita al combattimento: i demoni portano con sé anche abilità utili all’esplorazione. Alcuni possono infilarsi in stretti pertugi, altri rivelare oggetti nascosti; altri ancora influenzano l’umore degli interlocutori o leggono i loro pensieri. Pur con una narrazione piuttosto lineare, queste meccaniche incentivano la creazione di una squadra versatile e pronta a ogni evenienza, premiata con piccole ma interessanti ricompense. La trama – prima della “dinastia Atlus” a svolgersi nel passato – è ben costruita e permeata di atmosfere noir, valorizzate dal peculiare periodo storico in cui si svolge. A rendere tutto ancora più incisivo è l’accompagnamento musicale di Shoji Meguro, il compositore simbolo della casa, capace come pochi di infondere carisma, ritmo e identità a ogni scena. Le sue sonorità, sospese tra jazz, rock e orchestrazioni sperimentali, riescono ad accentuare tanto la tensione dei momenti drammatici quanto la quieta ambiguità della vita quotidiana nella capitale.

Ma quale catorcio, quel macinino è uno dei miei demoni! Ho deciso di chiamarlo Christine.

Se negli ultimi anni lo avete apprezzato in Metaphor: ReFantazio, qui potete riscoprirne le origini più cupe e stratificate, dove la melodia accompagna e amplifica una narrazione che intreccia eventi reali e personaggi storici abilmente romanzati. Con le dovute proporzioni, l’atmosfera mi ha ricordato moltissimo Shadow Hearts: Covenant, uno dei miei JRPG preferiti di sempre a cui auguro, prima o poi, un’opera di restauro altrettanto riuscita. Rispetto al passato, le numerose migliorie alla qualità della vita rendono l’avventura molto meno stressante. Il sistema di tram consente di raggiungere in un attimo le aree già visitate – comprese le loro versioni oscure – pagando una somma modesta, mentre le missioni secondarie vengono comodamente gestite da Gouto-Douji, la sarcastica spalla felina di Raidou, senza dover più fare avanti e indietro dall’agenzia investigativa.

A rendere tutto ancora più incisivo è l’accompagnamento musicale di Shoji Meguro, capace come pochi di infondere carisma, ritmo e identità a ogni scena

Narrativamente non sono nulla di memorabile, ma il fatto che vengano rese disponibili in modo diretto e visibile sulla mappa, senza inutili perdite di tempo, le rende un’aggiunta leggera e per nulla noiosa. Se avete intenzione di completare tutto, potreste tranquillamente ricavarne una cinquantina di ore di gioco; un’opzione più che consigliabile, dato che la storia principale non è particolarmente lunga. A seconda del livello di difficoltà scelto e della vostra dimestichezza con il sistema di combattimento, potreste vedere i titoli di coda anche in meno di trenta ore.

In Breve: RAIDOU Remastered: The Mystery of the Soulless Army è il perfetto esempio di come si dovrebbe riportare in vita un classico minore: senza stravolgerne l’identità, ma aggiornandolo con intelligenza, rispetto e una sana dose di coraggio. Il lavoro fatto da Atlus non si limita a una mano di vernice HD: è una vera e propria riqualificazione del gioco originale, che oggi si lascia giocare con piacere anche da chi non ha nostalgie da riscattare. Il nuovo sistema di combattimento, il ritmo più bilanciato e una regia generale più moderna danno nuova linfa a un titolo che, all’epoca, aveva idee brillanti ma una realizzazione grezza. Non è perfetto, né lo vuole essere: è un tassello affascinante di una storia più grande, un ponte tra il vecchio spirito Megaten e le sue incarnazioni più accessibili. Insomma, Raidou vi aspetta più in forma che mai, e finalmente pronto per essere scoperto da tutti.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD
Com’è, Come Gira: Il nuovo Raidou sarà anche distante anni luce dal precursore su PS2, ma la sua anima multipiattaforma è ben evidente. Su PC le opzioni grafiche sono ridotte al minimo con una scelta tra qualità e prestazione, quest’ultima presumibilmente ereditata dalle versioni su console. Con tutto al massimo, il gioco è schizzato a 144fps dall’inizio alla fine.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • Sistema di combattimento completamente rinnovato, fluido e appagante / Atmosfera unica, noir e ricercata, arricchita da un’ambientazione storica affascinante / Tante migliorie alla qualità della vita che modernizzano senza snaturare

Contro

  • Manca una vera varietà di combo nel combat system / Missioni secondarie poco incisive dal punto di vista narrativo / La trama principale, pur affascinante, scorre via un po’ troppo in fretta
8.8

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

Password dimenticata