Ci sono naufragi e naufragi, e poi c’è Lost Rift. Che ti scaraventa sulle coste di un arcipelago dove tra natura, meteo e altri giocatori la sopravvivenza è un lusso che pochi possono permettersi. L’ho provato in anteprima, prima dell’uscita in accesso anticipato.
Sviluppatore / Publisher: People Can Fly / People Can Fly Prezzo: ND Localizzazione: Assente Multiplayer: Co-op e PVP online PEGI: ND Disponibile su: PC (Steam) Data di uscita: ND
Un po’ The Forest e un po’ Escape from Tarkov, Lost Rift è un ibrido in cui la componente survival lavora di concerto con le canoniche dinamiche da extraction game PvPvE, contaminando il curioso mix con una co-op più strutturata del solito. Che sia una ventata di fresco in un genere in cui le innovazioni non sono roba di tutti i giorni?
Ci penseremo a pubblicazione avvenuta, è meglio evitare di volgere lo sguardo così lontano, si rischia di perdere di vista le priorità. Da ciò che ho testato in questi giorni, infatti, People Can Fly ha del lavoro da fare. Va detto che era una build pre-alpha dunque gli inciampi sono comprensibili, ma tra iene e nemici vari ho dovuto vedermela anche con un comparto tecnico/grafico caratterizzato da bug, animazioni legnose e una fisica da rivedere. Roba che, di questi tempi, può affossare un progetto prima ancora che termini il periodo in accesso anticipato, se non si corre ai ripari immantinente.
UN’ISOLA PER DOMARLE TUTTE
Facciamo un passo indietro, cominciamo da quando Lost Rift ha inizio. Il gioco degli autori di Bulletstorm e Outriders si presenta senza troppi convenevoli: un naufragio, una nave in fiamme sullo sfondo, una spiaggia deserta e il rumore inquietante del vento che sferza le fronde degli alberi. L’approdo è Pioneer’s Landing, un’isola di un arcipelago frammentato e pieno di misteri, ed è qui che comincia l’avventura. Lost Rift è pensato per essere affrontato in solitaria o in compagnia di altri quattro disgraziati, con un obiettivo molto chiaro, nella fase iniziale: sopravvivere, raccogliere risorse e costruire un campo base che possa resistere ai capricci del tempo e agli imprevisti ambientali.
Si tagliano alberi, si arraffano pietre e si sbloccano nuove conoscenze/recipe a patto di avere i materiali necessari, come la resina per il tavolo da lavoro; lo spoilero perché il gioco è avaro di spiegazioni, può capitare di non capire cosa fare o di pensare si tratti di un bug. Oltre alle risorse si deve prestare attenzione ai bisogni primari come la fame, c’è una barra dell’energia che si consuma scattando o compiendo azioni. Tutto piuttosto classico, insomma. Per quanto riguarda il sistema di base building la parola d’ordine è semplicità, grazie all’approccio modulare che garantisce flessibilità. È intuitivo improvvisarsi architetti: con un po’ di creatività si possono piazzare piastrelle e strutture ovunque. Il campo base è un vero e proprio hub operativo dove allestire postazioni adibite al crafting, cucine da campo, tavoli da lavoro e aree per lo stoccaggio del loot, in piena filosofia survival.
È intuitivo improvvisarsi architetti: con un po’ di creatività si possono piazzare piastrelle e strutture ovunque
LOST RIFT, LA FRONTIERA DELL’EXTRACTION SHOOTER
Questa è la prima parte dell’esperienza, ma dopo essersi attrezzati bisogna fare i conti con l’altra, il segmento in cui Lost Rift offre il meglio di sé. Una volta riparata l’imbarcazione, dopo una mezz’ora di gioco circa, ci si può lanciare nelle Spedizioni via matchmaking. In queste escursioni a tempo (40 minuti il limite) al di fuori della nostra isola, bisogna vedersela con altri sopravvissuti in un extraction shooter in soggettiva selvaggio. Lost Rift segue la scuola dei migliori esponenti del genere: si entra in una zona, si recupera tutto ciò che si riesce a trovare e si cerca di uscire vivi prima che il tempo scada o che qualcun altro ci faccia la pelle. La tensione è costante, palpabile e opprimente perché a ogni passo si rischia di perdere tutto il bottino raccolto. La componente strategica sembra marcata grazie alla buona verticalità delle mappe, alle difficoltà causate dalle limitate risorse e alla presenza di numerosi fattori ambientali dinamici. O almeno dovrebbe esserlo.

Una voce nell’oscurità, ma io sono solo, non ho compagni. La tensione durante le Spedizioni è costantemente alta.
La build, infatti, ha mostrato un’intelligenza artificiale nemica ancora piuttosto elementare, con pattuglie PvE che alternano momenti di lucidità ad attimi di confusione. Si notano poi diverse spigolosità migliorabili: hitbox perfettibili, cali di frame improvvisi, texture in ritardo e un impatto visivo che, nel complesso, fatica a tenere il passo con gli standard attuali, complice un’illuminazione piuttosto piatta e modelli ambientali spartani. Il potenziale del gameplay però si intravede dietro le sbavature perché le spedizioni possiedono un loro fascino, specialmente quando si incrociano altri giocatori e la tensione sale vertiginosamente.
le spedizioni possiedono un loro fascino, specialmente quando si incrociano altri giocatori e la tensione aumenta
La prova ha detto che il loop funziona, la sensazione è che il proprio alter ego cresca in maniera lenta e impegnativa ma continua. Dopo il reveal di marzo al Future Game Show, gli sviluppatori hanno promesso una serie di aggiornamenti periodici per espandere il numero di isole, introdurre nuove minacce ambientali e ottimizzare il codice, ma al momento la strada è ancora lunga. Il supporto ai server dedicati dovrebbe garantire un matchmaking più equilibrato e partite stabili, quindi non ci resta altro da fare che incrociare le dita e sperare che tutto vada per il meglio.
La prova ha detto che il loop funziona, la sensazione è che il proprio alter ego cresca in maniera lenta e impegnativa ma continua